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L'ESERCITO DELLE DODICI SCIMMIE
(12 MONKEYS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 giugno 1996
 
di Terry Gilliam, con Bruce Willis, Madeleine Stowe, Brad Pitt (Stati Uniti, 1996)
 
Americano a Londra dal l967, co-autore del gruppo dei Monty Python, ideatore della memorabile favola surrealista BRAZIL (l985), Terry Gillian è uno di quei cineasti che si trascinano la doppia aureola: quella mitica del visionario, e quella meno raccomandabile del cantastorie un po' strampalato non altrettanto sovrano del box-office.

Situato in una di quelle zone indefinite che predilige - a metà strada fra fantasia e realtà, follia e normalità, passato, futuro e presente - questo rifacimento di un celebre cortometraggio di Chris Marker del 1963, LA JETEE, giunge opportuno a ricordarci che, anche cinematograficamente i giochi non sono mai fatti. Storia di un viaggiatore del futuro ricondotto nel passato con l'impossibile missione di salvare l'umanità da una catastrofe già avvenuta, il film si sposta di poco nel tempo: da una splendida Filadelfia del 2035, tutta impregnata dagli echi di un'architettura europea, a ritroso fino al 1996 di un virus che ricorda naturalmente l'AIDS o Ebola: è quanto basta perché Gilliam si appoggi sulla sua chincaglieria post-industriale, sulle sue illuminazioni e angolature forsennate per offrirci alcuni quegli squarci folgoranti che gli conosciamo. Poiché il virus in questione risparmia gli animali, la fantasia del regista può permettersi il lusso d'inquadrare un orso nelle neve di una metropoli, elefanti e giraffe che girovagano per le strade desolate, un leone che intravediamo sui cornicioni dei grattacieli in alcune sequenze di straordinaria bellezza. Non solo: essendo la sua una rivisitazione del tempo, una meditazione sul vissuto, un'improvvisazione sull'ambiguità della somiglianza, ecco che le immagini hitchcockiane di VERTIGO citate nel film caricarsi di un'emozione, oltre che di una giustificazione insolite.

Ed è proprio l'emozione - se non proprio la misura - l'elemento nuovo nella carriera del regista: grazie ad un'inedita complicità con gli attori, grazie ad un Bruce Willis che si conferma - quando vuole e puo`- presenza sensibilissima, grazie ad una sceneggiatura a specchio che propone allo spettatore non pochi elementi primordiali di meditazione, ecco finalmente un Gilliam che non si limita a meravigliarci.


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